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L'affermazione che San Josemaría Escrivá sia stato uno dei precursori del Concilio Vaticano II è abbastanza comune. Nel suo insegnamento anteriore all'assise conciliare, infatti, emergono in primo luogo temi come la chiamata universale alla santità e all'apostolato e la missione dei laici, sanciti poi dal Concilio. Poi ci sono altri temi, che furono anticipati e sviluppati anche da altri autori in una grande diversità di contesti, come l'ecumenismo. Il tema dell'influsso di San Josemaría Escrivá sul Concilio ecumenico Vaticano II è stato oggetto di parecchi studi. In questa sezione, invece, cercheremo di approfondire direttamente il tema della chiamata universale alla santità e all'apostolato nell'insegnamento di San Josemaría. In particolare, vogliamo analizzare la documentazione attualmente disponibile per vedere come si possa intendere l'affermazione secondo la quale egli è un precursore del Vaticano II.
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LA CHIAMATA UNIVERSALE ALLA
SANTITÀ E ALL'APOSTOLATO NEGLI
INSEGNAMENTI DI SAN JOSEMARÍA
ESCRIVÁ. ELEMENTI PER UNA
DISAMINA DEL SUO MESSAGGIO PRIMA
DEL CONCILIO VATICANO II
Miguel De Salis*
Introduzione
L'affermazione che San Josemaría Escrivá sia stato uno dei precursori
del Concilio Vaticano II è abbastanza comune. Nel suo insegnamento
anteriore all'assise conciliare, infatti, emergono in primo luogo temi
come la chiamata universale alla santità e all'apostolato e la missione dei
laici, sanciti poi dal Concilio. Poi ci sono altri temi, che furono anticipati
e sviluppati anche da altri autori in una grande diversità di contesti,
come l'ecumenismo.
Il tema dell'influsso di San Josemaría Escrivá sul Concilio ecumenico
Vaticano II è stato oggetto di parecchi studi
1
. In questa comunicazione,
invece, cercheremo di approfondire direttamente il tema della chiamata
universale alla santità e all'apostolato nell'insegnamento di San Josema-
ría. In particolare, vogliamo analizzare la documentazione attualmente
disponibile per vedere come si possa intendere l'affermazione secondo
la quale egli è un precursore del Vaticano II.
*Pontificia Università della Santa Croce.
1
Cfr. J. Echevarría, Cinquant'anni dopo il Concilio Vaticano II: il contributo di San
Josemaría, in J. López D íaz (a cura di), San Josemaría e il pensiero teologico, Vol. 1 , Edusc,
Roma 2014 , pp. 33 -61 ; E. Burkhart – J. López , Vida cotidiana y santidad en la enseñanza de
San Josemaría. Estudio de teología espiritual, Vol. 1, Rialp, Madrid 2010 , pp. 95 - 97.
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Il nostro studio seguirà un percorso da ciò che è più noto a ciò che
è meno noto: prima analizzeremo alcune testimonianze che si trovano
nelle diverse pubblicazioni posteriori al Concilio; poi ci soffermeremo
su Cammino – testo di San Josemaría pubblicato nel 1939 a Valencia
(Spagna) – in cui la dottrina della chiamata universale alla santità è
esposta in maniera palese, anche se expressis verbis tale espressione non è
in esso presente; infine, studieremo il materiale di archivio riguardante
l'insegnamento di San Josemaría degli anni trenta e quaranta del secolo
scorso.
1.
Le affermazioni di San Josemaría sulla chiamata universale
alla santità dopo il V aticano II
Ci occupiamo anzitutto delle autotestimonianze in cui lo stesso
Fondatore dell'Opus Dei mostra che l'insegnamento sulla chiamata uni-
versale alla santità è stato predicato e annunciato da lui molti anni prima
dell'assise conciliare. Alla fine degli anni '60 affermava: «dall'inizio del-
l'Opera, nel 1928 , la mia predicazione è stata questa: la santità non è un
privilegio di pochi, perché possono essere divini tutti i cammini della
terra, tutte le condizioni di vita, tutte le professioni, tutte le occupazioni
oneste. Le implicazioni di questo messaggio sono molte e l'esperienza
della vita dell'Opera mi ha aiutato a conoscerle con sempre maggior
profondità e ricchezza di sfumature. L'Opera è nata piccola ed è cresciuta
normalmente, in modo graduale e progressivo, come cresce un organi-
smo vivo, come tutto ciò che si sviluppa nella storia»
2
. Il testo mostra
con chiarezza come San Josemaría fosse convinto di aver predicato la
chiamata universale alla santità sin dal 1928, anno della fondazione
2
«Con el comienzo de la Obra en 1928, mi predicación ha sido que la santidad no
es cosa para privilegiados, sino que pueden ser divinos todos los caminos de la tierra,
todos los estados, todas las profesiones, todas las tareas honestas. Las implicaciones
de ese mensaje son muchas y la experiencia de la vida de la Obra me ha ayudado a
conocerlas cada vez con más hondura y riqueza de matices. La Obra nació pequeña, y
ha ido normalmente creciendo luego de manera gradual y progresiva, como crece un
organismo vivo, como todo lo que se desarrolla en la historia», J. Escrivá, Conversaciones
con mons. Escrivá, n. 26 (la traduzione italiana riportata nel testo è dell'edizione Ares,
Milano 1987 ). Esistono altri testi in cui il Fondatore dell'Opus Dei manifesta la stessa
consapevolezza, che non citiamo in questa sede per ragioni di spazio.
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
dell'Opera. D'altra parte, lo stesso testo dice che questo messaggio ebbe
delle conseguenze che lo stesso Fondatore dell'Opus Dei scoprì a poco a
poco con l'aiuto di Dio e di un'esperienza quarantennale, riconoscendo
il ruolo della Divina Provvidenza e della storia nell'approfondimento di
questo messaggio.
Altri autorevoli testimoni, tra cui molti ecclesiastici, hanno sostenuto
che San Josemaría Escrivá fu precursore del Vaticano II in diversi aspetti,
uno dei quali fu proprio la chiamata universale alla santità
3
. Il Beato
Álvaro del Portillo, testimone fondamentale per la sua vicinanza al Fon-
datore dell'Opus Dei, ebbe occasione di dire: «Quante volte, durante
l'approvazione dei documenti del Concilio, sarebbe stato giusto rivolger-
si al Fondatore dell'Opus dei, dicendogli: Complimenti, perché ciò che
serba nella sua anima e che ha instancabilmente insegnato fin dal 1928, è
stato solennemente proclamato dal Magistero della Chiesa!». Raccontava
anche della grande impressione che queste parole di Cammino avevano
suscitato in lui trent'anni prima: «Hai l'obbligo di santificarti. Anche tu.
Chi pensa che la santità sia un impegno esclusivo di sacerdoti e di reli-
giosi? A tutti, senza eccezione, il Signore ha detto: "Siate perfetti, com'è
perfetto il Padre mio che è nei cieli"» (Cammino , 291). Don Álvaro poi
precisava che si trattava proprio della «dottrina sulla chiamata universale
alla santità, profondamente e interiormente sperimentata dal Fondatore
dell'Opus Dei e continuamente ripetuta anche a costo di non essere forse
– o senza forse – compreso da molte persone che avevano una visione
limitata [. . .] della vita cristiana». Il successore di San Josemaría Escrivá
elencava anche una serie di testi del Capitolo V della Lumen gentium
in cui era palese la conferma degli insegnamenti che San Josemaría
Escrivá aveva predicato fin dal 1928. E concludeva il suo ragionamento
affermando che «è evidente la corrispondenza perfetta tra la dottrina di
Monsignor Escrivá de Balaguer – su questo come su tanti altri punti –
3
Per una disamina di alcune testimonianze su questo aspetto si può consultare la
relazione di S.E.R. Mons. Javier Echevarría, presente nel primo volume degli Atti del
Convegno. Si veda anche Congregazione per le Cause dei Santi , Decr. Sull'eroicità delle
virtù del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer,9 -IV-1990 , in AAS 82 ( 1990 ) 1450 -1451;
A.-M. Léonard , Le matérialisme chrétien de Josémaria Escrivá. Réflexions autour du livre
Entretiens avec Mgr. Escrivá, in «Annales Theologici» 17 (2003 ) 171 ; F. König , Un proyecto
de renovación en el corazón del mundo contemporáneo, in R. Serrano (ed.), Así le vieron.
Testimonios sobre Mons. Escrivá de Balaguer, Rialp, Madrid 1992 , pp. 122 - 123.
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e quella dei documenti conciliari. Posso testimoniare che al Fondatore
dell'Opus Dei non passò mai per la testa di essere riconosciuto – sarebbe
stato giusto e molte eminenti personalità della Chiesa lo hanno poi fatto –
come uno dei grandi precursori del Concilio Vaticano II»4.
Il Beato Álvaro del Portillo ha ribadito più volte queste idee, ma
per brevità ci limitiamo a citare solo il brano precedente in cui il suo
pensiero è espresso in maniera essenziale. Da quanto detto possiamo
concludere che San Josemaría era consapevole della solenne conferma
del suo insegnamento da parte del Vaticano II, e che il beato Álvaro del
Portillo, così come molti altri, lo riteneva un precursore della dottrina
conciliare sulla chiamata universale alla santità.
2.
L'insegnamento del F ondatore dell 'Opus Dei sulla chiamata
universale alla santità e all' apostolato negli anni trenta
del secolo XX: C
AMMINO
e i testi pubblicati che provengono da
altre fonti
Per una verifica documentale del fatto che San Josemaría Escrivá
fu un precursore del Vaticano II sulla chiamata universale alla santità,
dobbiamo rifarci al suo libro più noto: Cammino, pubblicato nel 1939. Qui
la dottrina sulla chiamata universale alla santità è evidente. Allo stesso
tempo, bisogna tenere presente che l'espressione "chiamata universale
alla santità" (o vocazione universale alla santità) appartiene a un'epoca
più vicina a noi e sicuramente posteriore alla redazione del libro. Re-
centemente, il teologo F. Ocáriz ha affermato che gli insegnamenti di
San Josemaría non hanno una forma accademica, ma sono espressioni di
quella luce di Dio che egli ha ricevuto il 2 ottobre 1928
5
. Anche se Ocáriz
non si riferiva esplicitamente a Cammino, non c'è dubbio che questa
sua affermazione possa essere applicata a questo libro, pensato come
un dialogo intimo – parole dette a bassa voce, sussurrate all'orecchio
del lettore – per alimentare la vita di preghiera. Perciò, la metodologia
che useremo per evidenziare la chiamata universale alla santità e all'a-
4
Á. del Portillo , Testigo de amor a la Iglesia, in Una vida para Dios: Reflexiones en torno
a la figura de Josemaría Escrivá de Balaguer, Rialp, Madrid 1992 , pp. 70 -72 , la traduzione è
nostra.
5Cfr. F. Ocáriz, Sobre Dios, la Iglesia y el mundo , Rialp, Madrid 2013, p. 21.
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
postolato verterà più sull'indagine tematica che fa emergere gli aspetti
nucleari di questo messaggio.
Che cosa intendeva San Josemaría per chiamata (o vocazione) uni-
versale alla santità? Ovviamente, egli – come tanti altri alla fine degli
anni '20 e agli inizi degli anni '30 – dava per scontato che i religiosi e i
ministri sacri fossero consapevoli di essere chiamati alla santità, per cui
non si soffermava su questo punto6.
San Josemaría riconosceva nei laici una chiamata o vocazione alla
santità identica a quella dei religiosi e dei sacerdoti. Quando nel n. 291
di Cammino colloca questa vocazione dei laici assieme alla chiamata alla
santità dei religiosi e dei ministri, vuole indubbiamente affermare che
tutti sono chiamati alla santità. Il termine "universale" significa che tutti –
nessuno escluso – sono chiamati alla santità, e si tratta di una universalità
soggettiva. Come è stato dimostrato in altre sedi, questa universalità
soggettiva della chiamata alla santità era già presente in San Francesco
6
La consapevolezza generalizzata della chiamata dei sacerdoti alla santità era
qualcosa di molto recente, che è cresciuta proprio nell'epoca in cui San Josemaría
cominciò a svolgere la propria attività pastorale. Un testo può aiutare a capire la
situazione dell'epoca: «la santità, cioè, il distacco completo da se stessi e delle cose che
passano, il desiderio continuo di Dio e delle realtà più elevate; la santità così come
l'ammiriamo nel Curato d'Ars, la santità che la Chiesa canonizza, secondo molto autori
non è vocazione comune a tutti i cristiani», F. Trochú, Vida del Cura de Ars, Ed. Litúrgica
española, Barcelona 1929 , p. 513 (la traduzione dallo spagnolo è nostra, sempre che non
si dica il contrario). Un testo analogo era citato nello stesso libro senza alcuna sfumatura
o critica: «la Chiesa ha trovato l'esatta espressione, quando ha attribuito ai santi, oltre le
virtù che praticano ordinariamente le anime pie, un grado speciale di eroicità. Il santo è
un eroe. .. tutti possono e devono essere santi (nel senso in cui tutti possono e devono
possedere la grazia santificante) ma non tutti possono essere un santo. La santità è
come il genio. Entrambi presuppongono una certa predestinazione che non può essere
sostituita da nient'altro» P. Chauvin , Qu'est-ce qu'un saint?, Bloud, Paris 1910 , p. 4 , cit.
da F. Trochú , Vida del Cura de Ars, Ed. Litúgica española, Barcelona 1929, p. 513. Lo
stesso Curato d'Ars pensava di abbandonare il lavoro pastorale un paio di anni prima di
morire, per poter espiare la sua povera vita e prepararsi bene alla morte. Egli infatti non
conosceva nessun santo che avesse consegnato l'anima a Dio mentre svolgeva l'incarico
di parroco (cfr. F. T rochú, Vida del Cura de Ars, cit., p. 403, dove vengono citati due testi
del Processo apostolico e del Processo ordinario della Causa di canonizzazione, con
un intervallo di venticinque anni, indicando quindi che si trattava di una convinzione
stabile del Curato d'Ars). Queste idee, proprio con la canonizzazione del Santo Curato
d'Ars (negli anni venti), erano state messe in discussione, ma la biografia più autorevole
su questo santo presentava una visione della chiamata universale alla santità molto
distante da ciò che il Vaticano II avrebbe detto anni dopo.
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di Sales, nel Servo di Dio Juan González Arintero, nel magistero di Pio
XI e in alcuni altri autori
7
. Per poter cogliere meglio quanto abbiamo
appena esposto va sottolineato che affermare una chiamata alla santità
per i laici equivaleva, in un contesto ecclesiale in cui il paradigma della
santità era la vita religiosa, a dire che la santità alla quale i laici erano
chiamati era la medesima santità alla quale erano chiamati i religiosi: non
vi erano diverse santità (di primo e di secondo ordine, per così dire).
Inoltre, poiché il paradigma di santità di allora era la vita religiosa, uno
dei modi per capire la serietà di una proposta di santità laicale era usare
termini che fino ad allora erano stati usati soltanto per i religiosi, come
"vocazione", o affermare che i laici potevano essere santi come i grandi
santi della Chiesa, che allora erano quasi tutti pastori, religiosi o martiri.
Non si trattava di applicare ai laici i tesori della spiritualità religiosa che
la Chiesa possedeva da secoli. Questo era già stato fatto da San Francesco
di Sales, per esempio, e la vita della Chiesa contava ormai su numerosi
esempi di adattamento di consuetudini di vita religiosa ai laici. L'uso
di siffatto linguaggio non significava un ulteriore adattamento della
vita religiosa alla vita laicale, quanto piuttosto un modo di affermare
che anche i laici potevano raggiungere la medesima santità senza dover
adattare la loro vita a uno schema o a una regola, in quanto era loro
sufficiente la grazia divina e la risposta eroica di ogni giorno nella loro
vita ordinaria.
Quanto detto ci porta a un secondo aspetto della comprensione
di San Josemaría della chiamata universale alla santità: la valutazione
positiva di ciò che si fa ordinariamente, dell'attività abituale di ogni
persona, del suo "lavoro" in senso lato. L'apprezzamento del lavoro,
però, non è una semplice conseguenza di un progetto pastorale teso ad
amplificare la spinta verso la santità di tutti i cristiani. Almeno non lo è in
San Josemaría. Egli infatti ha intuito il valore divino dell'attività umana
di Gesù a Nazareth durante gli anni della sua vita nascosta: anche lì
Egli stava realizzando la redenzione. Assumendo tutta l'attività umana,
Gesù le conferisce un valore di redenzione, in maniera tale che essa non
può essere più vista come un semplice rimedio all'oziosità, un semplice
7
Cfr. J.L. Illanes , La santificazione del lavoro, Ares, Milano 1980, pp. 53 - 54; E. Burk-
hart – J. L ópez, Vida cotidiana y santidad en la enseñanza de San Josemaría. Estudio de
teología espiritual, Vol. 1, Rialp, Madrid 2010, p. 202.
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
ambito in cui esercitare le virtù della pazienza, della giustizia, della carità,
ecc. I laici possono quindi unirsi a Gesù proprio in questo cammino,
possono incontrare Gesù nel loro lavoro professionale, nelle loro attività
quotidiane. San Josemaría comprese che il laico non è un cristiano che
incontra Gesù soltanto nei sacramenti e nella Parola di Dio, ma anche
nel suo lavoro, nel proprio ambiente familiare e sociale e perfino nel
riposo: tutti ambiti che possono essere trasformati in preghiera. Perciò
egli era solito dire che si sono aperti i cammini divini della terra, e non
"nella terra". La differenza tra cammini divini "della" terra e "nella" terra
sembra piccola, ma sta proprio qui la sfumatura che distingue nettamente
una mera applicazione del tesoro spirituale della vita religiosa alla vita
laicale e una vita in Cristo che assume tutto ciò che già esiste nella vita
del laico per fargli cogliere, lì, la chiamata di Dio alla santità8.
La vocazione universale alla santità e all'apostolato implica il ri-
conoscimento della possibilità di arrivare a tale traguardo attraverso
le normali condizioni di vita di ogni persona. Il termine "attraverso",
da noi appena usato, non indica circostanze che rimangono all'esterno,
o un semplice ambito dove si esercitano le virtù oppure un ambiente
attraverso il quale deve farsi strada la santità. Esso non significa soltanto
l'evidente collegamento di ogni cristiano con le circostanze in cui vive
e si trova. Indica piuttosto una santificazione delle realtà umane che le
conduce alla loro pienezza e, perciò, esige una conoscenza della loro
realtà, delle leggi che le presiedono, dello scopo al quale sono destinate e
del ruolo che l'essere umano ha in tale disegno. Nelle diverse attività così
realizzate, quindi, il cristiano può raggiungere la santità. Questo è ciò
che i teologi hanno chiamato senso oggettivo della chiamata universale
alla santità.
La chiamata universale alla santità, dunque, implica necessariamente
una richiesta divina di perfezione del lavoro umano e, contemporanea-
mente, implica che ogni cristiano laico sia chiamato, nella misura delle
proprie possibilità personali, a portare il creato alla perfezione. Si trat-
8
In diverse pubblicazioni si è riferito a questo aspetto come alla dimensione og-
gettiva della chiamata universale alla santità, cfr. F. Ocáriz , The Vocation to Holiness in
Christ and in the Church, in M. Belda – J. Escudero – J.L. Illanes – P. O'Callaghan
(eds.), Holiness and the World. Studies in the Teachings of Blessed Josemaría Escrivá, Scepter
Publishers-Four Courts Press-Midwest Theological Forum, Princeton-Dublin-Chicago
1997, pp. 39-44.
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ta di una richiesta dalla quale nessun cristiano comune si può sentire
dispensato, perché è inserita nel disegno divino. Perciò la vocazione
alla santità dei laici non è un mero surrogato di quella dei religiosi,
bensì una vera e propria vocazione alla santità, della medesima dignità
di quella dei religiosi, in cui le inclinazioni umane, le abilità e tutte le
risorse e le attività del cristiano laico vengono assunte e messe al servizio
di un disegno soprannaturale che ha come traguardo la pienezza o il
compimento della creazione in Cristo. La partecipazione alla missione
della Chiesa non è quindi una concessione della gerarchia al laicato,
come si riteneva negli anni trenta del secolo scorso, ma piuttosto un
diritto e un dovere di tutti i fedeli cristiani.
Abbiamo cercato di descrivere alcuni degli aspetti fondamentali della
chiamata universale alla santità, evitando di usare questa espressione
che è posteriore agli anni trenta. Mostreremo ora alcuni testi di Cammino
che rendono manifesta questa idea, cominciando proprio dal già citato
n. 291.
Si tratta di un testo redatto alla fine del 1938, ma il suo contenuto
è già presente in altri scritti precedenti del Fondatore dell'Opus Dei.
In una traccia per una meditazione predicata nel 1937 leggiamo: «Non
sei stato Tu a dire a tutti: estote perfecti (Mt 5 , 48 ) , siate perfetti, e con
una perfezione simile a quella del Padre celeste? Questo precetto di
santità, che obbliga tutti, tutti, non solo i primi Dodici, né solo i frati, i
preti e le suore, ma tutti, uomini e donne del mondo, padri di famiglia
– padri di famiglia consapevoli di mettere al mondo delle anime per
Gesù Cristo, e non semplicemente dei pezzi di carne! –, questo precetto
non significa forse che Dio farà da parte sua tutto quello che l'uomo
non sarà capace di compiere?»
9
. Il brano del Sermone della Montagna
è molto presente nella predicazione di San Josemaría e qui ne trae una
9
«¿No señalaste Tú a todos: estote perfecti (Mt 5 , 48 ), sed perfectos, y con perfección
semejante a la del Padre celestial? Este precepto de santidad, que obliga a todos, a todos,
no sólo a los Doce primeros, ni a los frailes, curas y monjas, sino a todos, hombres y
mujeres del mundo, padres de familia –padres de familia, conscientes de que traen
al mundo, no simples pedazos de carne, sino también ¡almas para Jesucristo!–, este
precepto, ¿no significa que Dios hará de su parte todo lo que no sea capaz de realizar
el hombre?», Josemaría Escrivá, Predicación en el Consulado de Honduras: «Zaqueo»,
12-IV-1937, in AGP, Biblioteca, P12 , p. 49 , cit. in Josemaría Escrivá, Camino. Edición
crítico-histórica, prep. por P. Rodríguez, Rialp, Madrid 2002 , p. 461 ; la traduzione è nostra.
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
conseguenza interessante: la forza della grazia divina è più grande di
qualsiasi ostacolo che l'uomo possa trovare o, da un altro punto di vista,
non esiste nessuna situazione umana – tranne l'ostinazione nel peccato –
che in se stessa escluda la possibilità di ricevere l'aiuto di Dio per poter
essere santi.
Sembra trattare lo stesso argomento quando, nella traccia di una
conversazione del 1934 , egli scriveva: «obbligo personale di santificarci:
ostacoli. Avanti! DYA [Dio e Audacia] Perché fidelis est . . . [qui vocavit vos
qui etiam faciet,1 Ts 5 , 24] Non siamo soli. Egli agirà»10.
Pedro Rodríguez cita alcuni brani della predicazione di San Jose-
maría degli anni trenta in cui la chiamata universale alla santità viene
condensata nell'espressione paolina: i "santi". I primi cristiani si chia-
mavano tra loro "santi", e fa notare che quando la sua predicazione
era rivolta ai laici normalmente egli non usava l'espressione "tendere
verso la perfezione", molto comune allora nella letteratura teologica
spirituale, preferendo piuttosto la dizione "santificarsi", che – sempre
secondo Pedro Rodríguez – indica lo sviluppo esistenziale e storico –
intrapreso dal cristiano con l'aiuto della grazia – della santificazione
radicale ricevuta nel Battesimo11.
Una delle forme in cui la chiamata universale alla santità e all'apo-
stolato compare negli insegnamenti di San Josemaría Escrivá degli anni
trenta è quindi proprio l'insistenza sull'obbligo che tutti i cristiani hanno
di essere santi, e non soltanto i religiosi e i preti. L'aggiunta del "non
soltanto i religiosi" aiuta a chiarire che l'obbligo riguarda tutti e non
si tratta di un optional che solo i religiosi hanno assunto. L'universalità
della chiamata alla santità viene anche sottolineata quando il Fondatore
dell'Opus Dei ricorda che i primi cristiani tra loro si chiamavano "santi".
Un altro modo di illustrare la chiamata universale alla santità era
quello di proporre gli esempi dei santi e, addirittura, di incoraggiare
il lettore a superare tali modelli. Si vede chiaramente in alcuni punti
di Cammino : «Bambino audace, grida: Che amore quello di Teresa! Che
zelo quello di Saverio! Che uomo meraviglioso San Paolo! Ebbene, Gesù,
10
«obligación personal de santificarnos: obstáculos. Adelante! DYA [Dios y Audacia]
Porque fidelis est...[ qui vocavit vos qui etiam faciet, 1Ts 5 ,24 ] No estamos sólos. Él obrará»
in AGP, sec A, leg 50 -13 , carp 4 , exp 2 , cit. in Josemaría Escrivá , Camino. Edición
crítico-histórica, p. 461 ; la traduzione è nostra.
11 Cfr. ibidem.
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io. . . ti voglio più bene di Paolo, di Saverio e di Teresa» (n. 874 ); e «Non
chiedere perdono a Gesù solo per le tue colpe: non lo amare solamente
con il tuo cuore. . . Ripara tutte le offese che gli hanno fatto, gli fanno e
gli faranno. . . , amalo con tutta la forza di tutti i cuori di tutti gli uomini
che più lo abbiano amato. Sii audace: digli che per Lui sei più pazzo di
Maria Maddalena, più di Teresa e di Teresina. .. , più folle di Agostino, di
Domenico e di Francesco, più di Ignazio e di Saverio» (n. 402). Sono testi
degli inizi degli anni '30 e mostrano un contesto di infanzia spirituale,
proposto a tutti, che può portare a una santità come quella dei grandi
santi12.
Fin qui abbiamo presentato testi più collegati con la santità e l'uni-
versalità, illustrando il modo in cui San Josemaría cerca di trasmettere la
luce ricevuta da Dio. È anche interessante soffermarci brevemente sul
modo in cui egli ha parlato della vocazione in Cammino. Rodríguez fa
notare che negli anni trenta il termine vocazione era usato principal-
mente nell'ambito dei religiosi e del ministero sacro. Egli ritiene che
il Fondatore dell'Opus Dei evitasse di applicarlo ai laici perché creava
confusione nelle persone. Tuttavia, a volte lo usò con l'intenzione di
scuotere le coscienze dei lettori o di quanti venivano a trovarlo per la
direzione spirituale
13
. La sua intenzione nel ricorrere a un termine allora
molto collegato ai cosiddetti stati di perfezione – tanto che ancora oggi
colloquialmente si dice che una persona "ha la vocazione" quando vuole
entrare in convento o in seminario – per applicarlo a un contesto di vita
laicale era quella di far comprendere alle persone la vita ordinaria come
cammino di santità paragonabile ad altri cammini di santità (religiosi
e sacerdotali)
14
. In Cammino descrive lo stupore suscitato: «Ciò che ti
meraviglia a me sembra ragionevole. Che il Signore sia venuto a cercarti
nell'esercizio della tua professione? Così cercò i primi: Pietro, Andrea,
12 Cfr. ibidem, pp. 558 e 927 - 928.
13 Cfr. ibidem, p. 243, nt 94 e p. 945.
14
L'unica volta in cui San Josemaría parla, in Cammino, dei 'consigli evangelici' (n.
323) è proprio come modo di far capire che la chiamata alla santità è per tutti: «Tu sai
che esistono 'consigli evangelici'. Seguirli è una finezza d'Amore. Dicono che è cammino
di pochi. A volte, penso che potrebbe essere cammino di molti». Pedro Rodríguez spiega
che San Josemaría preferiva illustrare la vita cristiana in termini di virtù, tra le quali
possiamo trovare, anche in Cammino, quelle che si riferiscono 'ai consigli evangelici': cfr.
ibidem, p. 490.
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
Giovanni e Giacomo accanto alle reti: Matteo seduto al banco degli
esattori. . . E sbalordisci! Paolo nel suo accanimento di metter fine alla
semenza dei cristiani» (n. 799) e «Ridi perché ti dico che hai «vocazione
matrimoniale»? Ebbene, l'hai: proprio così, vocazione. Raccomandati
a San Raffaele, che ti guidi, come guidò Tobia, casto sino alla fine del
cammino» (n. 27 ). Il primo punto citato esprime uno degli aspetti im-
plicati dalla chiamata universale alla santità, cioè che la chiamata di
Dio avviene all'interno e in mezzo alle occupazioni professionali del
cristiano: è lì che Dio trova il cristiano che è in mezzo al mondo ed è
sempre lì che il cristiano trova Dio, senza necessità di uscirne fuori per
incontrarlo
15
. Il secondo punto è forse ancora più esplicito perché in
quell'epoca "vocazione", almeno in Spagna, non era un termine che si
usava per il matrimonio. L'espressione "vocazione matrimoniale" signifi-
ca che la vita matrimoniale è una vera via di santità, paragonabile alla
vita religiosa.
Tuttavia, in San Josemaría l'unione delle parole "vocazione" e "ma-
trimonio" non equivale ad affermare che gli sposi possono ricorrere
ad alcuni mezzi del tesoro spirituale della Chiesa, adattandoli alla loro
vita per arrivare alla santità. Lo vedremo dal modo in cui il Fondatore
dell'Opus Dei valuta la vita ordinaria, la normale attività umana del
cristiano.
La condizione del cristiano comune non è infatti un semplice con-
testo, perché ha una qualifica vocazionale da svolgere con l'aiuto di
Dio. Siamo convinti che il suo modo di vedere lo studio, la missione
apostolica del cristiano e il lavoro aiutino a capire che si tratta di aspetti
appartenenti propriamente alla vita cristiana di ogni fedele comune e non
soltanto mere appendici o aree dove applicare/manifestare la grazia
ricevuta nei sacramenti e nella preghiera. Ribadiamo qui quanto abbia-
mo già detto sopra sui cammini divini della terra e non nella terra . Ora
siamo in grado di poter comprendere meglio alcuni punti di Cammino
che gettano nuova luce proprio sullo studio, sul lavoro e sulla missione
apostolica del cristiano.
15
Nella letteratura spirituale l'incontro con Dio aveva il suo grande paradigma nel-
l'ascesa di Mosè sul Monte, nel mistero della Trasfigurazione e nel deserto. Quest'ultimo
era visto come luogo d'incontro con Dio ma anche come luogo di prova. Ad ogni modo,
l'incontro con Dio aveva il suo modello ideale fuori dalle occupazioni ordinarie o, caso
mai, accanto ad esse.
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miguel de salis
In un testo del Natale del 1938, che poi divenne il n. 372 di Cammino,
scriveva: «Se occupi un posto ufficiale, hai anche dei diritti che nascono
dall'esercizio della tua carica, e dei doveri. Ti allontani dal tuo cammino
d'apostolo se, a causa o con la scusa di un'opera di zelo, lasci incompiuti
i doveri della tua carica. Perché mi perderai il prestigio professionale,
che è proprio il tuo 'amo di pescatore d'uomini'». Il testo potrebbe
essere letto secondo la classica trattazione dei "doveri di stato", molto
noti nella letteratura spirituale dell'epoca, quando questa si riferiva ai
laici. Ma il senso del testo va oltre le abitudini del tempo, perché il
compimento dei doveri legati a una carica è valutato come un elemento
che appartiene alla vocazione apostolica, e quindi assai di più di una
opera di zelo apostolico. E, infine, perché il "prestigio professionale',
ovvero il riconoscimento sociale del buon lavoro professionale di un
uomo, è inserito nel disegno divino di salvezza dell'umanità. Esso non
è più visto come un aspetto della superbia vitae condannata da San
Giovanni, ma piuttosto come un servizio a Gesù.
Con ciò si comprende meglio quanto il Fondatore dell'Opus Dei
afferma nel punto n. 334 di Cammino , che proviene da un suo testo
del 1933 : «Preghi, ti mortifichi, lavori in mille cose d'apostolato. . . , ma
non studi. E allora non servi, se non cambi. Lo studio, la formazione
professionale quale che sia, è obbligo grave fra noi». Il pubblico al quale
qui si rivolge erano gli studenti universitari che frequentava all'epoca,
per i quali lo studio era come un lavoro professionale. Tuttavia, come
afferma Rodríguez, il testo sottolinea nuovamente la centralità dello
studio o del lavoro professionale in generale nella dottrina spirituale di
Cammino. La formazione professionale, il sapere fare bene le cose di cui
ci si occupa normalmente, non per una certa abilità innata o amatoriale
ma per una preparazione seria che porta a capire le regole e le leggi di
ogni lavoro od occupazione, è un aspetto importante dell'insegnamento
di San Josemaría. Qui si trova l'apprezzamento della creazione e delle
sue leggi, che occupano un posto importante nell'economia salvifica.
Nel punto successivo di Cammino, anch'esso degli inizi degli an-
ni trenta, giunge addirittura ad affermare: «Un'ora di studio, per un
apostolo moderno, è un'ora d'orazione». Secondo Pedro Rodríguez, il
testo proviene da una nota degli "Appunti intimi" del 10 agosto 1932,
in cui un'ora di studio veniva paragonata a un'ora di apostolato. A
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
ottobre dello stesso anno il testo esprime già il paragone con cui viene
riportato in Cammino nel 1939 : un'ora di studio è un'ora di orazione.
Inoltre, Rodríguez ricorda che per il Fondatore dell'Opus Dei l'aposto-
lato e l'orazione vanno sempre insieme e addirittura si identificano a
partire dal concetto di "unità di vita" dell'apostolo moderno, che è il
fedele laico
16
. Ciò è ribadito particolarmente nei suoi commenti ai punti
nn. 346 e 347 di Cammino . Nel primo si legge: «Studente: formati in
una pietà solida e attiva, distinguiti nello studio, senti grandi aneliti
di apostolato professionale. E io ti prometto, col vigore della tua for-
mazione religiosa e scientifica, una rapida e vasta espansione», dove è
evidente che San Josemaría non dimentica il primato della grazia nella
missione del cristiano, che va insieme al lavoro. Nel secondo invece
si scaglia più esplicitamente contro la tentazione di fermarsi soltanto
agli aspetti umani: «Ti preoccupi soltanto di edificare la tua cultura. E
bisogna edificare la tua anima. Così lavorerai come devi, per Cristo:
perché regni Lui nel mondo sono necessarie persone che, con lo sguardo
rivolto al cielo, si dedichino con prestigio a tutte le attività umane e,
per mezzo di esse, esercitino in silenzio e con efficacia un apostolato di
carattere professionale». È quindi evidente che la missione del laico si
realizza attraverso il suo lavoro professionale, per cui egli sconsigliava
– lo abbiamo visto nel n. 372 di Cammino – l'abbandono dei doveri di
stato e dei propri obblighi per realizzare opere di zelo. Per il cristiano
chiamato da Dio a vivere la sua vita nelle diverse circostanze del mondo
(cfr. LG 31 ), il suo lavoro – svolto con un fine soprannaturale (cfr. Cam-
mino n. 359 ) – è incontro con Dio e non un ostacolo alla preghiera o alla
missione affidatagli da Dio
17
. Molto sinteticamente, questo è il modo in
cui compaiono, in un'unità vitale, il lavoro, la preghiera e la missione
evangelizzatrice.
I testi che abbiamo appena citato sono sufficienti per comprendere
due cose: in primo luogo che in Cammino il lavoro è un valore che si
aggiunge alla preghiera e alla mortificazione; in secondo luogo, se esso
è svolto dal cristiano con rettitudine d'intenzione e non in opposizione
alla pietà, non va a inficiare l'unione con Dio. Anzi, è luogo di unione
con Dio e appartiene alla vocazione divina del cristiano corrente.
16 Cfr. ibidem, pp. 503 - 504.
17 Cfr. ibidem, pp. 510 - 513 e 521.
193
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miguel de salis
Bisogna tener presente che negli anni trenta del secolo scorso era
frequente considerare l'attività professionale un ostacolo all'incontro con
Dio, qualcosa che distraeva dalla vita di preghiera o, nella migliore delle
ipotesi, un rimedio contro la pigrizia e l'ozio. Secondo certi autori, alcu-
ne attività professionali potevano essere un modo di vivere la Dottrina
sociale della Chiesa, o di vivere la carità (specialmente le professioni
mediche e quelle collegate all'insegnamento; più avanti anche la politica
è stata presentata come attività di grande carità). Questi autori consi-
deravano tali attività come "neutre", vale a dire attività che ricevono la
loro bontà/malignità dalle disposizioni interiori con cui vengono svolte
(orgoglio o carità). Non c'era quindi un'apprezzamento del loro posto nel
disegno divino di salvezza per tutto il creato. Nell'ambito del movimento
liturgico l'attività umana era suscettibile di poter essere offerta a Dio
come sacrificio spirituale, insieme al Sacrificio Eucaristico. Le opinioni
sul lavoro che abbiamo appena esposto, anche se alquanto diverse tra
loro, nel loro insieme erano maggioritarie. Esse permettono di illuminare
il lavoro con i tesori della spiritualità religiosa della Chiesa, di vederlo
come ambito in cui si esercita qualcosa che si coglie totalmente altrove,
di offrirlo a lode di Dio. . ., ma non sono così aperte da considerare una
assunzione del lavoro nei piani vocazionali di Dio per ogni persona.
Per cogliere meglio il modo in cui il Fondatore dell'Opus Dei guarda
il lavoro – proprio nel contesto della chiamata universale alla santità (nel
senso oggettivo del termine) – si può considerare, ad esempio, il luogo in
cui è stato situato il capitolo "Cose piccole" di Cammino. San Josemaría
avrebbe potuto, come afferma Pedro Rodríguez, includerlo nella prima
grande parte del libro dove descrive l'ambito della santificazione della
vita ordinaria e dove si trovano i punti riguardanti lo studio che abbiamo
citato sopra. Così facendo avrebbe posto l'accento sull'amore a Dio e
al prossimo manifestato in e attraverso la vita ordinaria del cristiano.
Ma per San Josemaría la cura delle piccole cose non è un optional per il
cristiano che si sente chiamato alla santità proprio attraverso le diverse
circostanze di cui è intessuta la sua vita. E il commentatore di Cammino
indica altre due caratteristiche che aiutano a capire come il Fondatore
dell'Opus Dei veda il lavoro o, se vogliamo, l'insieme delle circostanze e
attività ordinarie di ogni cristiano: la prima è il collegamento del capi-
tolo dedicato alle "piccole cose" con quello dedicato alla "discrezione",
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
fondato sulla naturalità con cui Gesù e la Vergine Maria vissero a Na-
zareth. Con ciò San Josemaría ha voluto manifestare che la cura delle
piccole cose non è soltanto un modo pratico di realizzare la missione,
una strategia, bensì la condizione richiesta a chi è stato chiamato da Dio
a santificare il mondo dal di dentro. La seconda è la decisione di mettere
questo capitolo prima di quello sulla "tattica" (dedicato al modo in
cui si svolge l'attività apostolica del cristiano ordinario) perché, sempre
secondo l'ipotesi di Pedro Rodríguez, la cura delle piccole cose sarebbe
il presupposto di ogni tattica apostolica. In questo senso, qualsiasi lavoro
realizzato con cura, con amore di Dio e per amore di Dio, diventa azione
apostolica e santifica gli altri
18
; non è necessario aggiungervi niente di
estraneo, né togliervi alcunché, perché esso acquisisca un tale valore
redentore.
Concludiamo il tema della visione del lavoro nel piano della reden-
zione con un testo di Cammino (n. 822 ) che si trova nel capitolo sulle
piccole cose, e illustra la possibilità di praticare eroicamente le virtù nella
vita quotidiana: «Mi dici: quando si presenterà l'occasione di fare qualco-
sa di grande. . . , allora! Allora? Pretendi di farmi credere e di credere tu
stesso, sul serio, che potrai vincere le Olimpiadi soprannaturali, senza la
preparazione quotidiana, senza allenamento?». Il testo proviene da una
scheda redatta nel Consolato dell'Honduras nel 1937, durante la guerra
civile spagnola, quando egli era rifugiato in questa sede diplomatica a
Madrid senza poter fare quasi niente. Il Fondatore dell'Opus Dei scrive
contro la tentazione di attendere occasioni migliori, perché in pratica,
facendo così, si arriva a negare la possibilità di realizzare atti di virtù
eroica nelle circostanze attuali di ogni persona. È una tentazione sempre
attuale e forse costante in tutti i secoli: pensare che gli atti di virtù che
manifestano la santità sono possibili solo quando si verifica un deter-
minato insieme di circostanze o, se si vuole, che la santità consista in
qualcosa di grande – una genialità – che non si trova nell'ordinaria vita
delle persone. Chi volesse raggiungerla dovrebbe creare delle circostanze
o andare a cercarle (nel deserto, nel monastero, o tramite una speciale
18
Cfr. ibidem , pp. 883 - 884 . Si veda anche il n. 825 di Cammino . Nello stesso luogo
egli afferma che, attraverso le piccole cose, San Josemaría sta indicando che il rapporto
personale del cristiano ordinario con Dio dovrà essere incessante, come le piccole realtà
di ogni giorno; cfr. anche J.L. Illanes , La santificación del trabajo, Palabra, Madrid 2001,
pp. 140 - 145.
195
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protezione divina che, proprio perché è speciale, non è comune a tutti).
In pratica, ciò significherebbe che la santità, l'esercizio eroico delle virtù,
non è tanto praticabile in certe circostanze e, quindi, che la santità non è
una chiamata rivolta a tutti. Il testo si riferisce proprio alla situazione
concreta in cui ogni cristiano si trova: l'allenamento per la santità (la
vittoria delle "Olimpiadi soprannaturali") e quindi via per raggiungerla.
Il lavoro fa parte di quella preparazione quotidiana alla santità, non è
una scusa per non sforzarsi nella lotta, né un ostacolo per arrivarci. Le
situazioni ordinarie sono quindi capaci di accogliere il dono divino ed
essere assunte nella risposta di ogni uomo a Dio. E questo è ciò che i
teologi chiamano la dimensione oggettiva della chiamata universale alla
santità.
3.
L'insegnamento del F ondatore dell 'Opus Dei sulla chiamata
universale alla santità e all' apostolato in alcuni documenti
ancora inediti
Per concludere il nostro studio faremo adesso riferimento alle fonti
dell'Archivio Generale della Prelatura dell'Opus Dei, dove si trovano
diverse schede e annotazioni del Fondatore dell'Opera risalenti agli anni
trenta e quaranta del XX secolo. Più che di una verifica documentale
dell'effettiva presenza del messaggio sulla chiamata universale alla san-
tità e all'apostolato in San Josemaría prima del Vaticano II, che ormai
sembra assodata, ci occuperemo del modo in cui egli descriveva questa
luce che aveva ricevuto, quando ancora non esisteva tale espressione né
una terminologia che lo aiutasse a manifestarla.
Abbiamo selezionato un piccolo gruppo di schede di San Josema-
ría, con l'intenzione di mostrare come egli si esprimeva quando voleva
riferirsi alla chiamata universale alla santità. Queste schede sono note
manoscritte su carta, quasi tutte in formato ISO – DIN A5 ( 148 x 210
mm), che contengono appunti schematici da sviluppare nella predica-
zione. Vi si trovano soltanto le parole essenziali di una idea, non la
redazione completa della stessa. La prima che presentiamo è una scheda
orizzontale, dattiloscritta, che s'intitola "Vocazione matrimoniale", degli
anni trenta del secolo scorso. Egli afferma: «molte anime evitano di
fare degli esercizi spirituali per paura di dover affrontare il problema
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
della scelta di uno stato di vita. Mai, o quasi mai, si sente parlare di
vocazione, senza che essa sia intesa come vocazione religiosa. E la voca-
zione non è un'inclinazione verso lo stato religioso anziché verso lo stato
matrimoniale. Occorre sviluppare una mistica dello stato matrimoniale,
riconoscere alla vocazione al mondo una vera efficacia redentrice. Avere
buone madri ha il medesimo valore che avere buone suore. Perché i
genitori sono i primi sacerdoti del focolare. Quando comprenderanno la
somma grandezza della loro missione, capiranno anche tutto il peso dei
doveri e delle responsabilità che si assumono, e questa consapevolezza
della loro responsabilità farà sì che costruiscano seriamente la propria
vita. A..M...D..G..E.V..M.»19.
Il testo tratta direttamente della "vocazione matrimoniale" e descrive
l'esperienza del Fondatore dell'Opus Dei alla quale abbiamo già fatto
riferimento in precedenza: il termine vocazione è molto collegato alla
vita religiosa. Per quanto riguarda il nostro tema, questo scritto mostra
tre idee fondamentali di San Josemaría. La prima è che la vocazione vada
applicata sia allo stato religioso che a quello matrimoniale. La seconda è
collegata con la prima e ne è la conseguenza: attribuire valore spirituale
alla vocazione matrimoniale e mostrare la dignità soprannaturale della
"vocazione al mondo". La terza, infine, sottolinea che la comprensione
dell'importanza e della dignità della missione dei genitori li porterà a
costruire seriamente la loro vita e non a percepirla come una "assenza
di stato" o, in altre parole, come una mancanza di compito e di respon-
sabilità. In un certo senso, l'ultima frase della scheda si collega con la
19
«Muchas almas se retraen de hacer los ejercicios por miedo a plantearse el problema
de la elección de estado. Nunca o casi nunca se oye hablar de la vocación, sin que se
entienda por vocación religiosa. Y vocación no quiere decir más inclinación al estado
religioso que al estado matrimonial. Hay que hacer una verdadera mística del estado
matrimonial, dar una verdadera mesianidad a la vocación al mundo. Hacer buenas
madres interesa tanto como hacer buenas monjas. Porque los padres son los primeros
sacerdotes del hogar. Cuando entiendan lo altísimo de su misión, comprenderán también
todo el peso de obligaciones y responsabilidades que contraen y esta conciencia de su
responsabilidad hará que construyan en serio su vida. A..M...D..G..E.V..M.» Josemaría
Escrivá, Vocación matrimonial, scheda in AGP Serie A. 3,186-1-2; la traduzione è nostra;
la sigla finale significa Ad maiorem Dei gloriam et Virginis Mariae; a mio avviso, San
Josemaría usa l'espressione "verdadera mesianidad" in un senso figurato che non è
possibile tradurre letteralmente, per cui l'ho tradotta con "efficacia redentrice". La
scheda non ha una data precisa, ma si trova in una busta contenente materiale che risale
agli anni trenta.
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miguel de salis
prima, in cui si descrive l'atteggiamento di fuga di fronte alla decisione
di una scelta di stato, perché la chiamata alla santità nello stato matri-
moniale non è minore che nello stato religioso
20
. Rileviamo anche l'uso
del termine "sacerdote" e di categorie sacerdotali applicate agli sposi,
che mostra una dimensione della profonda predicazione del Fondatore
dell'Opus Dei sul sacerdozio comune.
Come si può vedere, quando in questa scheda San Josemaría si rife-
risce allo stato religioso e a quello matrimoniale, ritenendoli entrambi
elevatissimi e importantissimi, sta affermando che tutte e due posso-
no portare alla santità. Inoltre, la considerazione degli obblighi e delle
responsabilità della missione matrimoniale condurrà coloro che la scel-
gono a prendere sul serio la loro vita cristiana, non ritenendo la loro
via una "non elezione di stato" o una fuga dall'elezione di stato. Sul-
l'uso dell'espressione "vocazione matrimoniale" rimandiamo a ciò che
abbiamo già scritto quando abbiamo trattato di Cammino. L'affermazione
che tutti sono chiamati passa attraverso una coscienza della chiamata –
vocazione – da parte di coloro che normalmente si riteneva non fossero
chiamati alla santità, ribadendo che le due vocazioni – la religiosa e la
matrimoniale (più in generale, la "vocazione al mondo", nel senso usato
prima) – sono vere vocazioni.
In un'altra scheda scriveva: «vita ordinaria perfetta: fuggire da tutto
ciò che può offendere Dio: cercare di servirlo e di essere a Lui gradi-
ti con i mezzi che Egli ci ha messo a disposizione: compiere con la
maggiore perfezione possibile le attività ordinarie»
21
. Si tratta di una
breve annotazione per una conversazione in un corso di ritiro degli anni
20
Era abbastanza normale ritenere, almeno negli anni trenta del secolo scorso, che
gli esercizi ignaziani erano pensati per persone che stavano pensando di "scegliere
stato". Di fatto, gli esercizi sono un grandioso processo di 'discernimento'. Allo stesso
tempo, bisogna tener presente che negli anni trenta la pratica degli esercizi fu divulgata
e incoraggiata ovunque, sia tra i sacerdoti (si veda l'azione di Pio XI in merito) che tra i
laici (anche se in minore misura), con schemi che, seppur variabili, avevano beneficiato
dell'esperienza e divulgazione pressoché universale degli esercizi ignaziani. Può darsi
che la scheda scritta da San Josemaría colga un atteggiamento di allora, in cui coloro che
erano sposati pensavano che si trattasse di andare ad una attività disegnata per persone
che sceglievano la "vocazione".
21
«vida ordinaria perfecta: huir de todo lo que puede ofender a Dios: procurar
servirle y agradarle con los medios que ha puesto a nuestro alcance: hacer con la mayor
perfección posible las obras ordinarias» Josemaría Escrivá, Plática del tercer día, in AGP
Serie A.3 , 186 - 2 - 11 e 12; la traduzione è nostra.
198
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
trenta, in cui è chiaro che la perfezione della vita ordinaria non è una
semplice perfezione umana: fuggire dal peccato, compiere la volontà di
Dio nelle proprie attività e la rettitudine d'intenzione sono i tre aspetti
dai quali nasce la ricerca della perfezione umana (la migliore possibile)
nelle diverse opere che si debbono realizzare.
In uno schema per una conversazione del dicembre 1935, dedicato
alla vocazione dei primi apostoli, il Fondatore dell'Opus Dei mette
insieme il noto testo del capitolo quinto del Vangelo di Luca (in cui,
dopo la pesca miracolosa, Gesù chiama Pietro), il testo della vocazione di
Matteo (anch'esso nello stesso capitolo del Vangelo di Luca), il racconto
del capitolo quarto di Matteo (dopo l'inizio della citazione, in latino, San
Josemaría ha aggiunto tra parentesi "Pietro e Andrea") e il primo testo
degli Atti degli Apostoli in cui si narra per la prima volta la conversione
di Paolo, nel capitolo nono. In questo testo del 1935 sono presenti tutti
gli apostoli che poi ritroveremo nel n. 799 di Cammino
22
. Nel verso
della scheda si legge: «la vocazione è soltanto di sacerdoti e religiosi? La
nostra vocazione» e, ancora, una riga dopo: «la fecondità della vocazione
dell'apostolo secolare. Non est scissum rete ! La nostra vocazione e quella
degli apostoli. Il segreto o discrezione: come i primi cristiani»
23
. Le
sottolineature della parola vocazione si trovano nel testo originale e
ribadiscono l'intenzione che abbiamo già descritto sopra. Il riferimento
alla rete che non si è rotta durante la pesca miracolosa sembra indicare
l'unità tra apostolato e lavoro, cioè che il lavoro non perde di valore,
non è interrotto né trasformato in qualcosa di diverso da ciò che è
quando si realizza la missione evangelizzatrice. Per quanto riguarda il
riferimento alla discrezione, rimandiamo a ciò che abbiamo già scritto
sul rapporto tra il capitolo di Cammino dedicato alla discrezione e la
naturalità nell'agire, senza farsi pubblicità, come i primi cristiani e la
22
«Ciò che ti meraviglia a me sembra ragionevole. Che il Signore sia venuto a
cercarti nell'esercizio della tua professione? Così cercò i primi: Pietro, Andrea, Giovanni
e Giacomo accanto alle reti: Matteo seduto al banco degli esattori. . . E sbalordisci!
Paolo nel suo accanimento di metter fine alla semenza dei cristiani» Josemaría Escrivá,
Cammino, n. 799.
23
«¿la vocación es sólo de sacerdotes y de religiosos? Nuestra vocación», «Fecundidad
de la vocación del apostol seglar. Non est scissum rete! Nuestra vocación y la de los
apóstoles. El secreto o discreción: como los primeros cristianos» Josemaría Escrivá,
Plática "la vocación de los primeros apóstoles", in AGP Serie A.3 , 186 - 3 -16 ; la traduzione è
nostra.
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famiglia di Nazareth. Il termine "segreto", come si vede nel testo, è usato
come sinonimo di "discrezione".
I primi cristiani sono un paradigma al quale San Josemaría ricorreva
frequentemente quando voleva spiegare la missione dei laici nel mon-
do. In uno schema per l'Ora Santa predicata ai "Propagandistas" (una
associazione confessionale di minoranze cattoliche, diretta e stimolata
dall'Azione Cattolica spagnola) nella notte del 29 -30 giugno 1938 , e
dedicata al tema "Pietro e Paolo, strumenti", tutta incentrata sulla neces-
sità della preghiera per poter essere buoni strumenti di Cristo, alla fine
dello sviluppo di questa idea egli scriveva: «i primi cristiani, strumenti.
Non Costantino, ma essi!»
24
. Il testo è interessante per il contrasto tra
Costantino, paradigma della cristianizzazione istituzionale e dell'inizio
di un periodo pubblicamente cattolico, e i primi cristiani, sudditi di un
Impero in cui lavoravano e vivevano come qualsiasi altro cittadino, ad
eccezione delle consuetudini pagane e della vita di peccato
25
. Il lavoro
e la vita di questi primi cristiani è il modello al quale San Josemaría
ricorreva per spiegare la missione evangelizzatrice dei laici.
Un'altra scheda, questa volta del 28 febbraio 1936 , può essere utile a
illustrare come egli intendeva l'azione dei primi cristiani e l'applicazione
che ne faceva a coloro che lo ascoltavano negli anni trenta del secolo XX.
Si tratta del testo di una predicazione dedicata al "lievito" e cioè al
commento della nota parabola del Regno che si trova nel capitolo quarto
del Vangelo di Marco: «Facciamo in modo di uscire da questo ritiro
con il proposito serio e concreto di essere lievito di Cristo, apostoli
in mezzo al mondo, con un apostolato nascosto, perseverante, senza
interruzioni, compiuto a poco a poco, sapendo aspettare – senza cedere –,
guadagnando terreno ogni giorno. . . senza annunci sulla stampa, né
suono di grancassa o di piatti. . . perché il nostro lavoro non si dovrà mai
realizzare con mezzi esteriori, ma attraverso la virtù intima e intrinseca
dello Spirito Santo che agisce nelle nostre anime e fa diventare realtà
quel grido di Paolo: non sono io che vivo, è Cristo che vive in me»26 .
24
«los primeros cristianos, instrumentos. No Constantino, ¡Ellos!» Josemaría Escrivá,
Pedro y Pablo, instrumentos. Hora Santa Propagandistas, Burgos, noche del 29 - 30 junio 1938,
in AGP Serie A.3 , 186 -3-32 , la traduzione è nostra.
25 Si veda, in merito, la Lettera a Diogneto.
26
«Que de este retiro saquemos el propósito serio y concreto de ser levadura de
Cristo, apóstoles en medio del mundo, con un apostolado oculto, perseverante, sin
200
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
Dal testo si evince la gradualità dei frutti provenienti dalla missione
evangelizzatrice dei cristiani ordinari, senza l'uso di pubblicità né di atti-
vità ufficialmente cattoliche. Ma al cuore della missione evangelizzatrice
in mezzo al mondo c'è la vita in Cristo e non gli annunci esterni di ciò
che si sta facendo (i quali possono essere uno degli aspetti compresi nel-
l'evangelizzazione impostata dall'alto verso il basso, che è rappresentata
nel termine "Costantino" della scheda anteriormente citata). Il testo non
è una specie di sogno utopico, sulla scia di Gioacchino da Fiore, in cui
l'evangelizzazione si realizza senza mezzi esterni. Nella mente di San
Josemaría, dopo quanto abbiamo già visto nei testi di Cammino e tenendo
presente l'uso del termine "lavoro", ciò che troviamo è lo sconfinato
campo di tutte le attività umane in cui il cristiano può essere lievito di
Cristo, apostolo in mezzo al mondo, proprio perché vive in Lui. A mio
avviso, San Josemaría mostra, con ciò, che tutti i laici possono svolgere
la missione cristiana nel posto in cui vivono e lavorano; ed è qui che si
trova la chiamata universale all'apostolato: tutti sono chiamati ad essere
apostoli, e tutte le attività hanno la possibilità di essere permeate dal
lievito di Cristo. Infatti, nel testo non c'è bisogno di trasformare l'azione
del cristiano in un'attività ufficialmente cattolica affinché essa svolga la
funzione del lievito nella massa.
La chiamata universale alla santità si manifesta anche in un'altra
scheda, questa volta riguardante un ritiro predicato a Vitoria del 21 ago-
sto 1938 : «la perfezione soltanto per alcuni?. . . Estote perfecti, sicut Pater
vester caelestis perfectus est. Necessità della perfezione: i primi cristiani si
chiamavano 'santi'»
27
. Questa volta il testo collega direttamente l'affer-
mazione della chiamata alla santità (perfezione della carità) al nome con
cui i primi cristiani si chiamavano a vicenda, e non tanto all'esercizio
della loro missione. Lo abbiamo già visto in altri testi e, in realtà, si tratta
interrupción, poco a poco, sabiendo esperar – no, ceder – ganando cada día terreno. . .,
sin anuncios de prensa, ni bombos, ni platillos. . . : porque nuestro trabajo jamás ha
de desarrollarse gracias a medios exteriores, sino por la virtud íntima e intrínseca del
Espíritu Santo, que obra en nuestras almas y hace que sea realidad aquél clamor de
San Pablo: no vivo yo, sino que vive en mi Cristo» Josemaría Escrivá , Levadura, in AGP
Serie A.3 , 186 - 3 - 28; la traduzione è nostra.
27
«¿solo para algunos la perfección?. .. Estote perfecti sicut Pater vester caelestis perfectus
est. Necesidad de la perfección: los primeros cristianos se llamaban 'santos'» Josemaría
Escrivá, Plática sobre Vida sobrenatural en un retiro para religiosas en Vitoria 21 agosto 1938,
in AGP Serie A.3 , 186 - 4 - 23; la traduzione è nostra.
201
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di un punto saldo al quale San Josemaría ha fatto ricorso con una certa
frequenza, dato che compare addirittura in Cammino n. 469 . Su questo
argomento Pedro Rodriguez aggiunge un'altra fonte, proveniente da una
scheda usata negli esercizi spirituali che San Josemaría predicò a Vergara
il 6 settembre 1938 , cioè poco più di quindici giorni dopo la redazione
della scheda che abbiamo appena citato, in cui si legge «possibilità della
perfezione 'nel secolo': salutant vos omnes sancti (i fedeli!)», che inserisce
nel suo commento al n. 469 di Cammino . Secondo lui, nella considerazio-
ne sul modo di chiamarsi adoperato dai primi cristiani, San Josemaría
intravede che tali fedeli ordinari – o comuni – sono chiamati da Dio alla
santità28.
Infine, aggiungiamo un'ultima annotazione del gennaio 1945 in cui
egli intende spiegare ciò che fanno i fedeli dell'Opus Dei: «Santificare
il lavoro. Cercare la perfezione cristiana, attraverso la santificazione del
lavoro ordinario»
29
. L'ordine degli argomenti è importante: prima si
santifica il lavoro, cioè è necessario che colui che realizza il lavoro lo
santifichi. E santificare il lavoro vuol dire realizzarlo umanamente bene
(nella misura del possibile), farlo insieme a Gesù (la grazia proviene
dall'unione di chi lavora con Dio) realizzando la Sua volontà, e farlo
per la gloria di Dio (cioè rispettando le esigenze di Dio e portando ciò
che si fa alla pienezza insita nel disegno divino di ricapitolare tutto
in Cristo). Soltanto a queste condizioni il lavoro diventa strumento di
perfezione cristiana e di santità o, meglio, proprio nel mettere in opera la
santificazione del lavoro, lo stesso lavoro diventa strumento di santifica-
zione di colui che cerca di santificarlo. Con questo ordine San Josemaría
non fa altro che rispettare il tradizionale primato della grazia divina
nella santificazione propria e nello svolgimento della missione: non c'è
missione senza dono divino che la fondi, e non c'e evangelizzazione che
non si fondi sulla preghiera e l'unione con Dio. Guardando un attimo
questo circolo virtuoso, si evince che in esso lavoro e preghiera sono
destinati a stare insieme, in armonia. Il quid della questione sta tutto nel
sapere unirli, il che comincia con il saper non opporli. San Josemaría ha
28
Cfr. Josemaría Escrivá, Camino. Edición crítico-histórica preparada por Pedro Rodríguez,
cit., p. 606.
29
«Santificar el trabajo. Buscar la perfección cristiana, por la santificación del trabajo
ordinario» Josemaría Escrivá, Anotación de enero 1945, in AGP Serie A. 3, 186- 1- 13; la
traduzione è nostra.
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
insegnato a non pensare l'uno senza l'altro, a non considerare le attività
di culto (e preghiera) come le uniche fonti di santità personale e le attivi-
tà lavorative come mero campo di applicazione della santità raggiunta in
tali attività di pietà. La vocazione cosmica dell'essere umano è assunta
dalla sua vocazione divina, elevata e quindi resa fonte di santità propria
e altrui. Negli anni trenta questa unità tra lavoro e preghiera fu evocata
da San Josemaría quando affermava che per i cristiani il lavoro è un "ob-
bligo grave" in genere . Di fatto, non si tratta soltanto di un obbligo grave
tra tanti altri, anch'essi gravi, come quelli che si riferiscono all'ambito
familiare. A mio avviso, dietro questa espressione troviamo la vocazione
umana dell'uomo, che è assunta dalla sua vocazione divina.
Conclusione
Dopo l'esame degli scritti che abbiamo eseguito nelle pagine prece-
denti, si può percepire meglio che San Josemaría ha anticipato di diversi
decenni gli insegnamenti di Lumen gentium sulla chiamata universale
alla santità e all'apostolato, nonché quelli riguardanti la santificazione
nel proprio stato di vita. La chiamata universale alla santità compare
nella predicazione di San Josemaría, sin dagli anni trenta del XX secolo,
con diverse espressioni e accenti. In primo luogo, abbiamo visto che egli
applica ai laici espressioni che solitamente si usavano solo per i religiosi
e, a volte, per i sacerdoti, come "vocazione", "consigli evangelici" e
"perfezione". Con ciò egli voleva dire ai laici che anch'essi possono – e
devono – aspirare alla stessa santità alla quale comunemente si riteneva
fossero già orientati coloro che seguivano lo 'stato di perfezione', come
allora si diceva, o il sacerdozio ministeriale. L'applicazione di tali parole
non è segno di un adattamento dei mezzi spirituali della vita religiosa
alle condizioni di vita dei laici, bensì un segno della scoperta di qualcosa
di diverso, ma che porta alla medesima santità. Egli usa tali espressioni
perché si possa capire che la santità è la stessa, e che tutti sono chiamati
alla santità.
Egli insiste frequentemente sull'obbligo di tutti di essere santi, spe-
cificando che si tratta di un obbligo che non è esclusivo dei religiosi
e dei preti, il che ci mostra la dimensione soggettiva della chiamata
universale alla santità. Abbiamo anche visto che la via verso la santità
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miguel de salis
proposta da lui è quella della santificazione della vita quotidiana, cioè,
la normale attività degli uomini, realizzata con spirito soprannaturale,
con la massima perfezione umana possibile e orientata alla gloria di
Dio. Non si tratta quindi di una via parallela alla vita di pietà, poiché
egli afferma diverse volte il primato della preghiera – e della grazia –
per la santificazione della vita umana, e insegna che tutte le attività
temporali – concretamente il compimento dei doveri – possono essere
trasformate in preghiera. Tali attività umane sono presentate normal-
mente attraverso il termine "lavoro" e il termine "studio", visto che il
primo pubblico al quale egli rivolgeva la sua predicazione era formato
per lo più da studenti universitari. Ciò che nelle schede degli anni trenta
compare come studio, in Cammino diventa formazione professionale, che
è una espressione più generica e applicabile a tutti. Ma non è uno studio
qualsiasi, bensì lo studio realizzato dal cristiano in unione con Dio, il
cristiano che cerca di fare per la gloria di Dio e con perfezione umana
le sue abituali attività secolari, e così procura la santificazione propria,
quella del mondo e quella degli altri. In questo senso, non c'è un'attività
apostolica o evangelizzatrice che si stacchi dal lavoro, perché lo stesso
lavoro così realizzato diventa missione cristiana compiuta. Per questo egli
non amava dare titoli e pubblicità alle opere dei cristiani. L'intero lavoro
di ogni cristiano, se compiuto con l'intenzione e le disposizioni descritte
prima, è azione che porta il mondo a Dio e unisce tutti – sia il cristiano
che lavora siano gli altri – a Dio. Questo viene manifestato anche attra-
verso la cura delle piccole cose, il loro collegamento con la discrezione,
l'uso dell'espressione 'lavoro discreto', ed altri simili, che egli mette in
relazione con lo svolgimento della missione dei primi cristiani.
L'uso dell'espressione 'primi cristiani', come abbiamo visto, por-
ta al riconoscimento della chiamata universale alla santità, ma anche
all'apostolato.
Infine, una forma diversa di affermare che la chiamata alla santità
riguarda tutti è quella di asserire che non ci sono ostacoli insormontabili
per vivere santamente la vita ordinaria. In altre parole, non c'è bisogno
di alterare le condizioni ordinarie, riconducendole a un determinato
modello prestabilito, affinché si possano vivere le virtù o si possa rispon-
dere con amore al Signore e agli altri. In tutte le condizioni di vita si
può servire Dio e gli altri per amore. Da un'altro punto di vista, ma
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la chiamata alla santità negli insegnamenti di san josemaría prima del vaticano ii
volendo affermare lo stesso, San Josemaría esorta i cristiani a non na-
scondersi dietro la scusante di una cattiva circostanza che apparentemente
sembra impedire di rispondere con generosità a Dio. Tutte le circostanze
sono aperte a un incontro di amore con Cristo e allo svolgimento della
missione. Questo è ciò che F. Ocáriz ha chiamato il senso oggettivo
della chiamata universale alla santità, cioè la consapevolezza di potere
santificarsi e di santificare gli altri – svolgere la missione battesimale –
nelle attività oneste degli uomini.
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porque nuestro trabajo jamás ha de desarrollarse gracias a medios exteriores, sino por la virtud íntima e intrínseca del Espíritu Santo, que obra en nuestras almas y hace que sea realidad aquél clamor de San Pablo: no vivo yo, sino que vive en mi Cristo» Josemaría Escrivá, Levadura
- Platillos . . Cada Día Terreno
interrupción, poco a poco, sabiendo esperar-no, ceder-ganando cada día terreno..., sin anuncios de prensa, ni bombos, ni platillos... : porque nuestro trabajo jamás ha de desarrollarse gracias a medios exteriores, sino por la virtud íntima e intrínseca del Espíritu Santo, que obra en nuestras almas y hace que sea realidad aquél clamor de San Pablo: no vivo yo, sino que vive en mi Cristo» Josemaría Escrivá, Levadura, in AGP Serie A.3, 186-3-28; la traduzione è nostra. 27 «¿solo para algunos la perfección?... Estote perfecti sicut Pater vester caelestis perfectus est. Necesidad de la perfección: los primeros cristianos se llamaban 'santos'» Josemaría Escrivá, Plática sobre Vida sobrenatural en un retiro para religiosas en Vitoria 21 agosto 1938, in AGP Serie A.3, 186-4-23; la traduzione è nostra.
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